venerdì 22 maggio 2015

Giacomo Gorrini


                                                                                                Dorno, gennaio 2009

 

Spett. Redazione della Provincia Pavese,

invio un pezzo per LA VOCE DEI LETTORI

 

  Si dice che il tempo è giudice imparziale e, alla fine, rende giustizia. Ora la sta rendendo a Giacomo Gorrini, nato a Molino dei Torti in provincia di Alessandria nel 1859, e morto a Roma nel 1950. Questo signore fece tante belle cose ma il suo capolavoro fu salvare 50.000 armeni già ammassati nei convogli e diretti al massacro. A scanso di equivoci ripeto la cifra: 50.000. I suoi titoli, i suoi incarichi, le sue onorificenze richiederebbero troppo spazio quindi sintetizzo. Giacomo Gorrini conseguì due lauree, frequentò corsi di perfezionamento a Berlino e Firenze, fu membro della Société d’Histoire Diplomatique di Parigi, membro del Filologicos Syllogos Partenassos di Atene, libero docente a Firenze, membro del consiglio direttivo della Società Geografica Italiana. Ma questa è solo una parte. E’ considerato il fondatore dell’Archivio Diplomatico del ministero degli Affari Esteri italiano, collaborò al Corriere Diplomatico e Consolare, scrisse una ventina di libri stampati da editori torinesi. Dal 1911 al 1915 fu console generale d’Italia a Trebisonda. Nel 1915 l’entrata in guerra dell’Italia contro la Turchia lo costrinse a una precipitosa e avventurosa fuga sul Mar Nero. Fu tra i primi a diffondere le notizie sul genocidio degli armeni, le loro inutili implorazioni, il loro strazio, le atrocità che subirono. Non riferì per sentito dire; un lembo di quella tragedia, con vittime e carnefici, passò sotto le sue finestre: fu testimone oculare. Il 25 agosto 1915 rilasciò al quotidiano Il Messaggero un’intervista intitolata: “Orrendi episodi di ferocia musulmana contro gli armeni.” Il 14 novembre 1918 presentò un “Memoriale” che avviò le discussioni di Sevrés, Ginevra, Losanna. Le notizie sul genocidio (si parla di 1.450.000 vittime) e su Gorrini sono reperibili su internet e confermate nel libro del console armeno in Italia Pietro Kuciukian “Voci Nel Deserto” da pagina 78 a pagina 101.  Sintetizzare l’opera di Giacomo Gorrini in una lettera alla Provincia Pavese  è impossibile. Ciò che egli ha fatto lo diciamo ora noi italiani, ma lo dicono meglio, e lo confermano, loro: gli armeni. Il suo capolavoro fu l’opera di un uomo astuto come una volpe e rapido come la folgore. Informò l’Ambasciatore degli Stati Uniti e il Delegato Apostolico a Costantinopoli. Fece in modo che sfiorassero la rottura diplomatica se le autorità turche non rilasciavano i 50.000 armeni già ammassati nei convogli e diretti al massacro. Alla fine furono tutti liberati. Eppure per oltre cinquant’anni un crostone d’oblio lo aveva quasi cancellato. Oscar Schindler salvò 1.100 ebrei, gli hanno dedicato un film di successo, ha vinto sette oscar e fatto il giro del mondo. Giorgio Perlasca salvò 5.000/6.000 ebrei ungheresi, la televisione gli ha dedicato uno sceneggiato in due puntate e lo ha fatto conoscere in mezzo mondo. Se i numeri hanno ancora un senso cosa merita l’uomo che salvò 50.000 esseri umani pronti per il massacro? Nell’ottobre 2007 vidi per la prima volta la sua tomba nel cimitero di Voghera. Era in condizioni pietose, in un sotterraneo buio, sporca e in stato di abbandono. Si dice che siamo un Popolo senza memoria e forse è vero, ma c’è sempre qualcuno che non dimentica. E questa volta, e per questo uomo,  il tempo gli sta rendendo giustizia. A Erevan, sulla Collina delle Rondini gli armeni, riconoscenti, hanno costruito il Monumento al Genocidio e il suo nome compare tra i Giusti. Quel monumento conserva pugni della sua terra, della nostra terra. Voghera si è mossa; ha sistemato la tomba, lo ha ricordato pubblicamente in alcune occasioni, lo farà ancora. Finalmente il ricordo ha rotto l’oblio, l’amore ha vinto l’indifferenza, il tempo rende giustizia. A Voghera c’è ancora quella che fu la sua casa e alcune persone che, giovanissime, lo conobbero. Molino dei Torti, entro la fine del 2009, ricorderà Giacomo Gorrini come meritano di essere ricordati i grandi uomini: con un monumento. Perché non vogliamo che egli sia morto per sempre.

               

                                                                                               (Remo Torti, Dorno, Pv)

 

  

   Grazie per l’ospitalità che il Loro giornale mi vorrà concedere.

 

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