GLI ALPINI DI DORNO
Viviamo tempi grami come ricordano i giornali del mattino e la televisione serale. Il malcontento dilaga assieme alle proteste e ai focolai della contestazione. Qualcuno ha detto che anche sul letame crescono i fiori, ed è vero. Uno dei fiori più belli, vanto del nostro Paese, è il volontariato. Detto in soldoni il volontario è colui che dà senza nulla chiedere: il proprio tempo, le proprie capacità, sovente anche altro tipo la propria automobile, carburante compreso. Vediamone un esempio molto vicino.
Nel centro di Dorno c’è una chiesa dedicata a San Rocco, per molti anni chiusa quindi inagibile. Conserva tre grandi affreschi di Biagio Canevari che si sfarinano nell’indifferenza generale. Ma questo è un altro problema. Nel 2005 c’erano topi e uccelli morti, escrementi, panche e sedie malamente ammucchiate, nessun pavimento, e quant’altro. Uno squallore da stringere il cuore. Chi l’ha vista può confermare. Ma Dorno è paese di grandi potenzialità espresse dalle oltre venti Associazioni. Credo che la più sgobbona e silenziosa sia l’Associazione Alpini che esiste, e resiste, da oltre trent’anni. Si sono fatti una sede con pista da ballo e cucina degna di un ristorante, un monumento ai loro caduti, un piccolo museo. L’utile di fine anno parte in beneficenza. Non contenti hanno messo mano alla chiesa di San Rocco recuperando il recuperabile, rifacendo il pavimento, restaurando il portale e le porte. E i lavori continuano risanando muri e mettendo mano dove le loro capacità possono. Questo lavoro, silenzioso e faticoso, dura da anni; e non è ancora finito. Qualcuno ha detto che gli alpini sono l’unico Corpo che resta unito anche dopo la naia. È vero, perché è l’unico Corpo che sa cantare in coro. Sono anche l’unico Corpo con tanti testi a metà strada tra la canzone e la preghiera. E quando attaccano un brivido corre lungo la schiena. “Dio del cielo, Signore delle cime, un nostro amico hai chiesto alla montagna. Dio del cielo se fossi una rondinella…” Il bello è che in tutti i loro canti non c’è mai rancore per nessuno né, tanto meno, odio per il nemico, ma amore per la vita e le donne, per la montagna e il Padreterno, grappa compresa. E non è poco. Un giorno qualcuno gli disse che bisognava conquistare il monte Ortigara; militarmente una follia. Loro ce la fecero lasciando sul campo ottomila morti. Ma torniamo a Dorno. Tutte le mattine un alpino apre la chiesa di San Rocco, tutte le sere un alpino la chiude. I risultati sono lì da vedere. Conclusione: San Rocco è felice, il paese è contento, gli alpini soddisfatti. Auguriamoci che chi di dovere, a lavori finiti, sappia ringraziarli come meritano.
Remo Torti
Pubblicato sui giornali locali
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